Nell’assemblea radunata nel nome di Cristo la proposta di Dio e la risposta di fede della comunità sono rese udibili per mezzo della parola. Come nel passato, anche oggi la parola giunge attraverso la mediazione di chi se ne fa servitore: la parola di Dio celebrata nell’assemblea liturgica è sempre una parola “incarnata” nella persona del lettore che la proclama e nell’assemblea che l’accoglie.
Il lettore, istituito o di fatto, è il ministro della proclamazione della Parola: deve “proclamare”, cioè “dire a voce alta, a nome di un altro, a favore degli altri“. Proclamazione è simile a “risurrezione”: la testimonianza, sepolta nella pagina scritta, risorge e si fa di nuovo parola viva.
Anche nel dialogo tra Dio e l’uomo occorre attivare bene la mediazione: chi esercita questo ministero dovrebbe avere grande senso di responsabilità. La parola di Dio non può essere sprecata per improvvisazione, perché si chiama il primo disponibile; né per disattenzione o superficialità, perché la lettura è frettolosa, con dizione approssimativa o dialettale; né per infantilizzazione perché si ricorre a lettore-baby.
Il lettore dovrebbe attivare una mediazione obiettiva e umile; non dovrebbe attirare su di sé l’attenzione dei fedeli con toni retorici, drammatici, patetici, da attore. Renda possibile l’ascolto e la comprensione, sapendo che “una lettura puntuale e chiara esalta la parola; una lettura sciatta o puerile la vanifica; una riconosciuta testimonianza di vita la rafforza; la palese contraddizione con la condotta morale la indebolisce“.
La rinnovata liturgia suppone l’esistenza di un gruppo di Lettori (SC 28), meglio ancora se si tratta di Lettori istituiti,cioè riconosciuti idonei e incaricati, con apposita investitura liturgica, a svolgere il delicato servizio della proclamazione della Parola di Dio. E’ un’esigenza ecclesiale veramente imprescindibile, se si vuole veramente fare liturgia: “L’assemblea liturgica non può fare a meno di Lettori, anche se non istituiti per questo compito specifico” (OLM 52).
In questo senso, ogni comunità cristiana dovrebbe preoccuparsi di dare una risposta ben precisa a tale esigenza perché, senza Lettori, si impoverisce il senso ecclesiale della ministerialità liturgica e la celebrazione della Parola di Dio rischia di essere monopolizzata dal presbitero-celebrante.
Il ministero del Lettore, quindi, è un ministero tipicamente laicale. Solo in mancanza di Lettori laici o anche di diaconi tale ministero può essere svolto anche dal presbitero-celebrante: “In mancanza del diacono o di un altro sacerdote, legga il Vangelo lo stesso sacerdote celebrante; se poi manca anche il Lettore, legge lui stesso tutte le letture” (OLM 49). Chiaramente, però, questa è la soluzione estrema.
La creazione di un gruppo di Lettori rappresenta, quindi, un’importante meta pastorale per ogni comunità cristiana, perché consente di dilatare gli spazi della partecipazione e della ministerialità liturgica e di esprimere la comunione ecclesiale in tutta la sua pienezza, respingendo una concezione accentratrice e monopolistica del ministero.
Come vi siete accorti, siamo in presenza di una realtà ministeriale quanto mai significativa e attuale, decisamente importante per il futuro della Chiesa, perché l’ambito della sua azione pastorale si estende da quella liturgica a quella dell’annuncio e dell’approfondimento della parola di Dio.
Il nuovo OLM ci propone una serie di riflessioni che ritengo quanto mai utili e significative per una ulteriore messa a fuoco della fisionomia ministeriale del Lettore:
“Il Lettore ha nella celebrazione eucaristica un suo ufficio proprio, che deve esercitare lui stesso, anche se sono presenti ministri di ordine superiore” (OLM 51).
“Il ministero del Lettore, conferito con rito liturgico, deve quindi essere tenuto in onore” (OLM 51).
“I Lettori istituiti, se presenti, compiano il loro ufficio almeno nelle domeniche e nelle feste, specialmente durante la celebrazione principale” (OLM 51).
“Si potrà affidar loro anche il compito di dare un aiuto nel predisporre la Liturgia della Parola e, se necessario, di preparare gli altri fedeli che per incarico temporaneo debbano proclamare le Letture nella celebrazione della Messa” (OLM 51).
Resta da fare un’ultima considerazione relativa all’abito del Lettore: “Il sacerdote, il diacono e il Lettore istituito, allorché salgono all’ambone per proclamare la parola di Dio nella celebrazione della Messa con il popolo, devono indossare la veste sacra propria del loro ufficio” (OLM 54). E’ un aspetto della figura del Lettore su cui si preferisce sorvolare, ma l’importanza ecclesiale di un ministero dipende anche da certi particolari. Un buon Lettore lo si riconosce anche dal modo in cui si presenta all’assemblea.
Con la riforma liturgica del Concilio Vaticano II, che ha ridato evidenza celebrativa e credibilità ecclesiale alla Liturgia della Parola, si è anche determinato, nell’ambito della comunità cristiana, uno stranissimo fenomeno di spontaneismo e di autopromozione ministeriale che ha portato a una vera e propria «esplosione» dei Lettori. Si è consentito a tutti i fedeli volenterosi di varcare la soglia del ministero liturgico della proclamazione della parola di Dio.
Una simile esperienza, che è stata vissuta nel segno della più ingenua improvvisazione quasi che la parola di Dio possa essere proclamata da tutti senza un’adeguata selezione e formazione, va giudicata senza allarmismi e senza preconcetti, ma anche senza farsi troppe illusioni sulla bontà di quanto è avvenuto negli ultimi vent’anni.
E’ giunto, quindi, il tempo di riconsiderare con calma una simile situazione, per incominciare a pensare ad una seria formazione del Lettore. La proclamazione della Parola di Dio nell’assemblea liturgica non può essere considerata come un’occasione in più per fare spazio all’attivismo celebrativo, inteso come delega generalizzata ad assumere ruoli e funzioni nell’ambito della liturgia (SC 28).
>La celebrazione della Parola di Dio è un fatto serio ed impegnativo. E’ un gesto liturgico che ha un certo spessore teologico ed ecclesiale. Non può essere affidato al primo arrivato. Il dialogo salvifico che in essa si stabilisce fra Dio e l’uomo è strutturato sul modello della Parola ispirata. Bisogna, perciò, convincersi che il Lettore svolge uncompito importante e delicato, che esige selezione dei candidati e formazione.
La delicatezza del ruolo che il Lettore èchiamato a svolgere sconsiglia l’improvvisazione dilagante nell’esercizio di tale ministero e pone l’accento sulla necessità di una formazione attenta e accurata. Le comunità cristiane devono incominciare a guardare a tale ministero come ad un impegno che esige stabilità e continuità.
Dal Lettore ci si deve attendere qualcosa di più di una semplice lettura di un testo biblico. Egli, infatti, deve essere in condizione di esercitare con competenza, con misura e con stile tutta una serie di importanti mediazioni, per consentire alla parola di Dio di giungere all’assemblea e per far sì che la Parola proclamata penetri con efficacia nel cuore dei fedeli.
Bisogna convincersi che il Lettore svolge un compito molto importante, perché da lui dipende il modo concreto di porgere la parola di Dio nel contesto di un’assemblea sovente assorbita da altri problemi e da altri interessi.
Il dinamismo rituale della Liturgia della Parola impegna la comunità cristiana a fare delle opzioni ben precise. Il Lettore deve farsene carico in prima persona:
Bisogna dare voce alla Parola scritta: colui che proclama la parola di Dio si pone al servizio di essa e dell’assemblea. Perciò tutto acquista importanza: la qualità della lettura, il modo con cui si è preparato, il suo atteggiamento. Non si dovrebbe mai chiedere a nessuno di improvvisare un simile servizio, che esige sempre una certa preparazione interiore e psicologica.
Bisogna dare soffio alla Parola scritta: con la sua voce il Lettore deve essere in grado di comunicare a tutti la convinzione che quanto si sta ascoltando è la parola di Dio. Non è, quindi, una parola qualsiasi, che può essere ascoltata per abitudine o per conformismo. E’ una Parola mediatrice di salvezza, perché supera la contingenza e l’ambiguità delle parole umane.
Bisogna dare corpo alla Parola scritta: il Lettore deve sforzarsi di far emergere il significato attualizzante di quanto egli proclama. Deve far avvertire a tutti che la parola di Dio è una realtà viva che interpella l’assemblea. La parola di Dio non è un vago pensiero della mente. Non è una realtà astratta. Quando Dio ha voluto parlare agli uomini, ha inviato loro suo Figlio in carne ed ossa, non un fantasma!
L’obiettivo fondamentale del ministero del Lettore sta nell’operare il passaggio dalla Parola scritta alla Parola viva. Pertanto il suo servizio va considerato come il più fragile e delicato anello di una lunga catena di gesti rituali, che consentono all’assemblea di percepire l’attualità della iniziativa salvifica di Dio. Egli offre la sua voce per l’iterazione dell’azione salvifica di Dio. Perciòè necessario che egli sia adeguatamente formato.
Se, finora, si èandati avanti all’insegna della provvisorietà e dell’improvvisazione, in futuro bisognerà cercare di operare diversamente: “Perché i fedeli maturino nel loro cuore, ascoltando le letture divine, un soave e vivo amore della sacra Scrittura, è necessario che i Lettori incaricati di tale ufficio, anche se non hanno ricevuta l’istituzione, siano veramente idonei e preparati con impegno” (OLM 55).
Gli obiettivi fondamentali che devono definire un progetto di formazione per l’esercizio del ministero del Lettore sono fondamentalmente due: da una parte egli deve essere stimolato a una vita cristiana sempre più impegnata e coerente, dall’altra egli deve apprendere certe nozioni tecniche del tutto essenziali per un servizio significativo ed efficace: «Questa preparazione deve essere soprattutto spirituale, ma è anche necessaria quella propriamente tecnica» (OLM 55).
L’esercizio di un ministero non è mai da intendersi solamente come un fatto tecnico. Non implica solo una dimensione operativa e funzionale, ma suppone sempre la risposta libera e consapevole di chi si rende disponibile, oltre che a svolgere un certo servizio, anche a fare un’esperienza di fede. I ministeri si vivono nell’ottica della fede.
Il documento pastorale dell’Episcopato italiano “I ministeri nella Chiesa“sottolinea molto chiaramente tale esigenza: “L’accesso ai ministeri suppone un’intensa vita di fede, un comprovato amore e capacità di servizio alla comunità cristiana, la decisione di dedicarsi con assiduità ai compiti che sono previsti, la competenza sufficiente per svolgere tali uffici e, insieme, la decisa volontà di vivere la spiritualità propria di questi ministeri” (MC 10).
I ministeri, infatti, non sono da considerarsi solo come prestazioni rituali (cf. MC 4a), ma “costituiscono una grazia, ossia un dono che lo Spirito Santo concede per il bene della Chiesa e comportano per quanti li assumono una grazia, non sacramentale, ma invocata e meritata dall’intercessione e dalla benedizione della Chiesa” (EM 62). E’ un aspetto su cui non si riflette mai a sufficienza.
Suppongo, quindi, una profonda vita di fede, perché un ministero che non è costantemente alimentato da una vita di fede tende pian piano a ridursi a semplice prestazione rituale.
Bisogna anche sottolineare che la formazione spirituale del Lettore non deve essere lasciata al gusto e all’inclinazione soggettiva delle persone. Chi esercita un ministero deve sforzarsi di avere una spiritualità veramente ecclesiale e deve essere aiutato e sostenuto nel suo cammino di fede per affrancarsi da tutte le secche derivanti dal devozionismo e dallo spiritualismo di maniera (hanno una grande importanza gli aggiornamenti diocesani annuali, i ritiri diocesani e parrocchiali, formazione personale, parrocchiale, vicariale e diocesana, vita sacramentale…ecc.).
Il secondo aspetto che deve caratterizzare il progetto formativo di un Lettore è quello biblico. Per svolgere bene il suo compito, egli deve cercare di avere una certa familiarità con il messaggio della parola di Dio, nel suo complesso e nelle sue articolazioni. Da lui non si richiede certo un’assoluta padronanza dei testi biblici, ma almeno che abbia un grande amore alla parola di Dio.
Tutto ciò deve esprimersi attraverso lo studio e la meditazione personale della parola di Dio, di modo che il suo cuore di discepolo sia costantemente proteso verso la parola che egli proclama nella liturgia. E’ questione non solo di sensibilità, ma anche di coerenza. Egli deve essere un operatore della parola di Dio, oltre che uno strumento della sua proclamazione all’assemblea.
Ma la formazione biblica del Lettore, oltre che esigere un rapporto personale quanto mai intenso con la parola di Dio, deve essere finalizzata anche in senso ministeriale. Egli deve conoscere sempre meglio la parola di Dio per poterla proclamare con più efficacia: “La formazione biblica deve portare i Lettori a saper inquadrare le letture nel loro contesto e a cogliere il centro dell’annuncio rivelato alla luce della fede” (OLM 55).
Nella proclamazione della parola di Dio, il Lettore si pone al servizio di una struttura rituale ben precisa che egli deve conoscere e animare (OLM 11-57). La Liturgia della Parola non è l’unico modo di proporre all’ascolto dei fedeli il fascino della Bibbia. Questa, infatti, può essere letta anche da soli o in gruppo, ma fuori della liturgia. La Liturgia della Parola, però, è un’altra cosa.
Perciò, il Lettore si deve preoccupare di rispettare il più possibile il programma e la struttura rituale della Liturgia della Parola, per consentire che questa emerga liberamente e interpelli l’assemblea determinando in lei, attraverso l’ascolto, una profonda fiducia in Dio che renda possibile l’accoglienza del suo messaggio e la conversione della vita.
Il nuovo OLM è, al riguardo, quanto mai preciso ed esigente nell’indicare le mete di un cammino di formazione liturgica dei fedeli: “La formazione liturgica deve comunicare ai Lettori una certa facilità nel percepire il senso e la struttura della Liturgia della Parola e le motivazioni del rapporto fra la Liturgia della Parola e la Liturgia eucaristica” (OLM 55).
Perciò non ci si può improvvisare Lettori e non si può chiedere, al primo che capita, di svolgere un simile servizio. Tanto meno è indicato ricorrere a bambini o a ragazzi, i quali difficilmente sono in condizione di svolgere un vero servizio della Parola, dignitoso ed efficace.
La consapevolezza di dover essere strumento dell’annuncio della parola di Dio ad un’assemblea riunita, dovrebbe rendere i Lettori e i principali operatori pastorali un po’ più attenti all’importanza di una seria formazione liturgica di chi è chiamato a proclamare la parola di Dio nell’ambito della liturgia.
Un altro importante capitolo del progetto formativo del Lettore è quello riguardante l’apprendimento delle tecniche della comunicazione umana. La parola di Dio, che il Lettore proclama, è un messaggio da comunicare ad un gruppo di persone. Perché tale compito sia svolto in modo adeguato, bisogna conoscere e rispettare quelle che sono le tecniche della comunicazione orale. Diversamente si fa una cattiva comunicazione.
Il gesto della proclamazione della parola di Dio si configura come una vera e propria arte, profondamente diversa dall’oratoria o dalla declamazione teatrale. Anche se le tecniche fondamentali sono le stesse, l’espressione deve essere diversa. Il Lettore, infatti, non deve porre in evidenza se stesso, ma il testo biblico. Egli è solo uno strumento. Non legge cose qualsiasi, ma proclama l’evento della salvezza.
La lettura in pubblico di un testo è il risultato di due operazioni molto semplici, che tutti sono in condizione di realizzare: leggere e parlare. Il carattere pubblico della lettura esige, però, che siano rispettate alcune leggi fondamentali: non si legge davanti agli altri come lo si fa per proprio conto quando si ha fra le mani un libro o un giornale; non si parla in pubblico come quando si conversa fra amici o ci si trova al bar.
A queste osservazioni di carattere generale bisogna aggiungere il fatto che la lettura dei testi liturgici è una proclamazione. Questa, poi, avviene nel contesto di una celebrazione religiosa, che ha un preciso carattere sacramentale e attualizzante, nonché in presenza di un’assemblea alquanto composita ed eterogenea.